Il film diretto da Francis Ford Coppola del 1972 di cui parliamo oggi è tratto dal romanzo di Mario Puzo. Il Padrino – titolo originale The Godfather – È un capolavoro cinematografico, che sfora nell’epopea shakespeariana sull’America, sull’immigrazione, la corruzione e soprattutto l’indissolubile legame della famiglia. Un film che si concentra sulla saga dei Corleone, una famiglia criminale siciliana trapiantata a New York, guidata dal patriarca, Don Vito Corleone, interpretato magistralmente dal teutonico Marlon Brando. Oggi scopriamo insieme come questa narrazione profonda sia riuscita ad esplorare il tema del potere creando un cult senza tempo.
Il Padrino (parte prima)
Il Padrino di Francis Ford Coppola è una trilogia in cui si esplora in maniera capillare come il potere venga acquisito, mantenuto e tramandato, spesso ad un prezzo morale altissimo.
La forza del film risiede nella sua capacità di mostrare il mondo degli affari della mafia con una dignità è un’intimità che lo rendono universale. La famiglia nel contesto di Corleone è un’istituzione a due facce, un rifugio d’amore, lealtà e tradizione, ma anche la base di un impero criminale violento e spietato.

Don Vito Corleone incarna il codice d’onore della vecchia generazione. Un uomo di principi rigorosi, che cerca di mantenere la sua attività (che lui chiama “affari”) separata dalla vita personale dei suoi figli, proteggendo il focolare domestico.
Il Matrimonio
Il film si apre con il matrimonio di Connie, figlia di Corleone. La scelta non è stata casuale: la scena dello sposalizio rappresenta la perfetta introduzione al mondo dei Corleone, dove i favori si chiedono si concedono nel giorno di festa, e dove il padrino è una figura autorevole quasi mitologica. La figura paterna per l’intera comunità italo-americana.
La frase più celebre viene proprio citata in una delle prime scene: “Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare”, una frase che riassume l’arte del potere senza ricorrere immediatamente alla violenza.
Nei primi frame del film viene poi presentato un altro personaggio che sarà la chiave di tutta la trilogia. Il vero fulcro emotivo e narrativo di tutta la saga de il Padrino e infatti l’arco di trasformazione di Michael Corleone, interpretato magistralmente da Al Pacino.

Inizialmente Michael è l’outsider, il figlio americano, l’eroe di guerra che desidera una vita legittima e rifiuta gli affari di famiglia. Nonostante questo, il tentativo di assassinio di Don Vito costringe il figlio Michael ad intervenire. La sua decisione di vendicare il padre, culminata poi negli omicidi di Solozzo e del capitano McCluskey, segna il suo punto di non ritorno. Una sequenza fondamentale dove Michael non è più l’innocente ma il carnefice.
L’esilio in Sicilia e il suo ritorno da figliol prodigo
Raggiunto lo scopo di vendetta, Michael è costretto ad esiliare in Sicilia. Lì prova a rifarsi una vita: sposa la giovane Apollonia ed impara ad apprezzare la vita lenta del paese. Purtroppo però ad un certo punto Michael è costretto a ritornare: dopo la morte del fratello Sonny, primogenito di Corleone, il figliol prodigo deve assumere il ruolo di Padrino, trasformandosi nel leader più freddo e calcolatore.
L’esilio in Sicilia e il successivo ritorno, dopo la morte del fratello Sonny, lo vedono assumere il ruolo di Padrino, trasformandosi nel leader più freddo e calcolatore.
Da qui parte il suo percorso dove man mano constaterà sempre di più quanto il potere sia corruttivo. Michael cercherà di legittimare la famiglia, cercherà di non sporcarsi le mani, ma alla fine sarà costretto a diventare ciò che non avrebbe mai voluto essere. Il film si conclude con la moglie di Michael, Kay (Diane Keaton), che lo serva mentre gli uomini li baciano le mani, mentre il braccio destro di Michael chiude la porta su di lei e sulla sua vecchia identità. Questa scena è la sintesi perfetta del tema dell’alienazione e del costo del potere.
Perché il padrino vuole essere un ritratto dell’America con la sua promessa di opportunità e la sua realtà di violenza e compromesso. Uno specchio in cui ritrarsi ed interrogarsi sulla natura della realtà e sul significato di essere “una brava persona” ma in maniera disonesta.
